Gli stili di comunicazione, i social, ovvero come ottenere quello che temiamo (1°)

La non comunicazione

L’analisi di quanto viene pubblicato sui social, in relazione ad avvenimenti politici o sociali, mi porta a ripensare a come quotidianamente utilizziamo la comunicazione e a farmi qualche domanda: quello che traspare dai commenti, dai like e dai post è indicativo delle nostre modalità di comunicazione?  Esistono degli stereotipi di comunicazione? In altre parole è possibile identificare dal tipo di comunicazione che abbiamo il nostro modo di relazionarci con gli altri? E, infine, quanto il mezzo cioè i social determinano il tipo di comunicazione.

Ma, andiamo per ordine.

Watzlawick ha sostenuto come nelle relazioni umane sia  “impossibile non comunicare”. Una proprietà fondamentale della comunicazione è, infatti, quella di non avere un suo opposto: non esiste la non-comunicazione. Anche il silenzio, che banalmente etichettiamo come non comunicazione, è, in effetti, ricco d’informazioni e di significati. Pensiamo ad esempio ad una coppia che ha litigato, in cui i due se ne stanno in silenzio e a braccia conserte oppure ad un’altra che in silenzio si guarda negli occhi languidamente. Il silenzio è lo stesso ma l’informazione che viene veicolata presenta significati profondamente diversi: rabbia e aggressività raffinate e nascoste nel primo caso, amore nel secondo.

E’ dunque evidente che, anche nei social, molto è quello che viene trasmesso in termini di chi e di come siamo, e del nostro modo di relazionarci agli altri. E tutto questo al di là dei contenuti: è la modalità della nostra comunicazione che getta una luce sul nostro modo di essere. Basterebbe pensare al fenomeno degli “haters”, persone che utilizzano i social esclusivamente per denigrare e offendere. Il nostro modo di essere è tuttavia inserito sulle caratteristiche del mezzo che utilizziamo: internet, i blog (sì, anche questo…) i social in generale creano una “ecologia” comunicativa profondamente diversa rispetto agli abituali mezzi di comunicazione: basterebbe citare il noto studioso della comunicazione McLuhan che sosteneva che “il mezzo è il messaggio”; ma di questo parleremo in uno dei prossimi post.

Ma ritorniamo alle modalità di comunicazione

La psicologia ha ormai ben identificato le caratteristiche psicologiche che ne stanno alla base dei vari stili comunicativi: stile remissivo, aggressivo, con la sua variante passiva,  e assertivo. Al pari di qualunque altra classificazione, però, soprattutto in ambito psicologico, anche questa non si presente mai pura al 100/100. Tutti noi tendiamo ad essere un po’ aggressivi e contemporaneamente un po’ remissivi oppure un po’ assertivi. Il problema, come sempre, è quella della misura; vale a dire se una caratteristica non funzionale diventa preponderante. Evidentemente se il nostro stile di comunicazione non valorizzerà l’altro (comportamento aggressivo) o me stesso (comp. remissivo) anche le nostre relazioni affettive o sociali ne saranno minate. Analizziamo, ora i diversi stili di comunicazione con l’avvertenza che, come detto,  è molto difficile trovare delle persone che presentino una modalità solo remissiva o solo aggressiva.

Comportamento aggressivo: Questo tipo di comportamento ha alla base la finalità di dominare e vincere forzando gli altri. La “vittoria” è ottenuta attraverso l’umiliazione e il degrado degli altri rendendoli meno capaci di esprimere e difendere i propri bisogni. Questo tipo di comportamento è, dunque, caratterizzato da una violazione dei diritti dell’altro. L'”aggressivo” ha idee di superiorità di sé e dei propri bisogni, accompagnate evidentemente da svalutazione degli altri e delle loro capacità. Emotivamente son presenti impazienza, intolleranza risentimento e ostilità; a volte con sensazione di rabbia. Da un punto di vista comportamentale, tendono a prendere decisioni anche per gli altri, proprio perché ritenuti non sufficientemente capaci. Sono soggetti che manipolano, dominano e che, soprattutto, vogliono vincere e annullare l’altro. La comunicazione verbale è sì diretta ed espressiva, ma in genere sopra le righe e inappropriata alle circostanze. I messaggi sono categorici, assoluti ma formulati in modo accusatorio con uso frequente del “tu”: tu hai detto, tu hai fatto, etc. Nel linguaggio non verbale troviamo uno sguardo fisso, intenso e vagamente minaccioso accompagnato da una voce con volume e tonalità  elevati. Il corpo presenta un atteggiamento intimidatorio, spesso accompagnato da gesti come il muovere le mani  chiuse a pugno. L’interlocutore dell’aggressivo si sente, il più delle volte, svalutato, ferito e umiliato. La cosa interessante è che proprio in queste persone alberga il desiderio di vendetta che, appena possibile, metterà in atto.  Le giustificazioni dell’aggressivo spaziano da un “in questo mondo bisogna sapersi difendere” e “se non fossi così, gli altri mi avrebbero fatto a pezzi da un bel po’” ad un “meglio lupo che agnello”, a “solo i deboli possono sentirsi sminuiti”.

Comportamento remissivo o passivo: Questo stile di comunicazione parte da una mancanza di rispetto per i propri bisogni come conseguenza di un bisogno, spesso eccessivo, di amore , simpatia e approvazione da parte degli altri. C’è alla base anche una sottile supposta  incapacità degli altri di sopportare un eventuale nostro comportamento assertivo; immaginando che quest’ultimo porterebbe inevitabilmente a qualche catastrofe. Emotivamente si presentano ansiosi per le catastrofi di cui sopra, a volte con angoscia e sensi di colpa. I comportamenti del remissivo si caratterizzano dalla mancanza affermazione e difesa dei propri interessi; sono soggetti che lasciano decidere gli altri per compiacerli. Evitano le discussioni ed i conflitti o addirittura le situazioni sociali ove esista un possibile rischio, anche remoto, di divergenze. La comunicazione verbale di queste persone è inibito, diffidente, emotivamente insincero, con messaggi indiretti ed evasivi, proprio per la necessità di “proteggersi”. La comunicazione non verbale è caratterizzata da voce bassa, con il corpo in atteggiamenti difesa, tipo spalle incassate, gesti di scusa o di impotenza. Proprio per  il bisogno di piacere agli altri, in modo quasi spasmodico, tenderanno ad evitare i conflitti, come abbiamo visto, e qualunque occasione in cui doversi esporre. Paradossalmente quello che otterranno dagli altri sarà una conferma della loro autosvalutazione in quanto ritenuti non degni di rispetto e approvazione: proprio quello di cui avevano paura. Le frasi più frequenti del remissivo vanno da “Non voglio drammatizzare” a “Non ho voglia di farmi odiare o di passare per un caratteraccio” a infine “Non mi piace attaccare i mulini a vento”. A volte l’atteggiamento remissivo si associa a quello aggressivo configurando un tipo di comunicazione che pur mantenendo le caratteristiche del remissivo, come il bisogno di approvazione e di evitamento dei conflitti, associa alcune caratteristiche dell’aggressivo come la tendenza all'”eliminazione dell’avversario” ma senza i tratti di aggressività. Sono ad esempio i soggetti che fanno del non riconoscimento dell’altro e del silenzio le proprie arme.

Comportamento assertivo: Con il termine di comportamento assertivo intendiamo quel comportamento sociale inteso (nel termine più ampio di comunicazione, atteggiamento, comportamenti etc) capace di raggiungere i propri obbiettivi  senza creare conflittualità. L’assertività si esprime nella capacità di usare in ogni contesto relazionale quegli strumenti, quelle modalità di comunicazione e attivare quelle azioni specifiche che rendono probabili risposte positive dall’ambiente tali da diminuire o annullare le probabilità di conseguenze frustranti e umilianti per la propria e altrui personalità e dignità. E’ evidente, dunque, che il soggetto ed il suo interlocutore hanno pari diritti e uguali doveri. Interagire assertivamente significa “difendere” i propri diritti personali esprimendo pensieri, sensazioni ed opinioni in modo onesto, diretto ed appropriato e soprattutto in modo da non violare i diritti altrui con un atteggiamento che è fermo senza essere rigido e comprensivo senza essere debole. Agire assertivamente implica rispetto per i diritti e i bisogni propri e altrui. Infatti, l’asserivo presenta autonomia nelle relazioni sociale e affettive, con grande fiducia nelle proprie capacità ma accompagnate da accettazione dei propri e altrui difetti e manchevolezze. E’ capace, inoltre, di previsioni realistiche. Da un punto di vista comportamentale, afferma e difende i propri interessi pur rispettando quelli altrui, prende l’iniziativa e cerca di raggiungere degli obiettivi. E’ capace di comunicare, confrontarsi e collaborare, raggiungendo accordi e compromessi in caso di conflitto. La comunicazione si presenta, da un punto verbale, come diretta, precisa, concreta, ed emotivamente sincera, adatta alle circostanze. Da un assertivo ci aspettiamo che il linguaggio non verbale sia caratterizzato da sguardo diretto, posizione eretta del corpo e della testa. Gli interlocutori dell’assertivo si sentono rispettati, liberi di esprimere pensieri ed emozioni; mentre l’assertivo otterrà rispetto e aumento della fiducia in quanto valutato come affidabile e ragionevole. Qui di seguito il dodecalogo dell’assertivo in cui sono esplicitate molte delle cose di cui abbiamo parlato.

Il dodecalogo della persona assertiva

  1. Mi permetto di avere delle idee, delle opinioni, dei punti di vista personali, non necessariamente coincidenti con quelli altrui.
  2. Permetto che le mie idee, opinioni e punti di vista siano quanto meno ascoltati e presi in considerazione (non necessariamente condivisi) dalle altre presone.
  3. Mi permetto di richiedere (non di pretendere) che le altre persone soddisfino i miei bisogni e necessità.
  4. Mi permetto di dire “NO” a delle richieste senza per questo sentirmi in colpa ed egoista.
  5. Mi permetto di avere bisogni e necessità anche diverse da quelle delle altre persone.
  6. Mi permetto di provare emozioni e stati d’animo e di manifestarli in modo assertivo se decido di farlo.
  7. Mi permetto la “licenza” di commettere errori.
  8. Mi permetto di cambiare parere o opinione e il modo di pensare.
  9. Mi permetto di essere realmente me stesso anche se questo significa a volte contravvenire a delle aspettative esterne.
  10. Mi permetto di dire: “non capisco”.
  11. Mi permetto di dire: “non mi interessa” quando gli altri mi coinvolgono nelle loro iniziative.
  12. Mi permetto di valutare e decidere se ho la responsabilità e la possibilità di trovare una soluzione ai problemi degli altri.

e soprattuto: PERMETTO AGLI ALTRI GLI STESSI DIRITTI

Diventa allora importante, sulla base di quanto detto, avere consapevolezza del nostro stile di comunicazione. Se abbiamo uno stile aggressivo quello che otterremo sarà solo di preparare la vendetta della nostra vittima, se saremo remissivi solo svalutazione da parte degli altri: esattamente le cose che vogliamo evitare.

A breve, nel prossimo post, cercherò di evidenziare come nella comunicazione attraverso i social le cose , se possibile, diventano ancora più complicate. Le caratteristiche del mezzo utilizzato, i social in questo caso, per certi versi tendono ad amplificare alcuni aspetti negativi d

 

 

 

 

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