I cinque inviti di F. Ostaseski. Ci sono libri…….

Mentre preparavo il post che avrà per argomento il silenzio, che pubblicherò presto ma che può per il momento attendere, ho finito di leggere ” Cinque Inviti – Come la morte può insegnarci a vivere pienamente” scritto da Frank Ostaseski e appena pubblicato da Mondadori.

Ci sono tanti tipi di libri, quelli che abbiamo letto durante l’adolescenza, ritenuti fondamentali a quei tempi, e  che, ripresi in mano più avanti negli anni, ci sono sembrati privi di significato; libri che dopo poche pagine abbiamo messo da parte e a cui non ci siamo più accostati e altri che non ci erano piaciuti ma arrivando all’ultima pagina con la speranza che prima o poi “decollassero”. Libri che inizialmente non ci erano piaciuti e successivamente si sono dimostrati importanti. Libri comprati per il titolo, altri per la copertina, altri ancora per l’autore. Poi ci sono quelli, molto rari, come “Cinque inviti” che ti colpiscono nel profondo e che capisci che ti lasceranno un solco nell’anima. Sono quelli così densi ed essenziali da valer la pena di impegnarsi ad affrontare temi difficili, a cui culturalmente siamo poco preparati. Come la morte. Non è qui il caso di entrare su come la nostra società l’abbia marginalizzata, negata facendone un tabù, come la sessualità nei due secoli passati. I “Cinque inviti” rimette al centro della nostra attenzione il destino, che lo vogliamo o meno, che inesorabilmente ci aspetta e che si avvicina realmente ogni giorno di più.

Tanti libri hanno affrontato la morte da punti di vista diversi. Ostaseski lo fa da un osservatorio particolare e privilegiato, quello di chi allo Zen Hospice di San Francisco, di cui è stato cofondatore, ha accompagnato tantissime persone nel momento della “trasformazione” legata alla morte. Non è il libro dell’erudito, anche sue nel libro non mancano citazioni dotte, ma piuttosto quello di chi stando sul campo parla con l’esperienza di anni trascorsi nell’accompagnamento dei morenti. Lo ha fatto sul campo stando “sull’orlo del precipizio della morte”, seduto per ore vicino al letto di persone vicine al momento del passaggio;  raccogliendo le loro confessioni ultime, i momenti di disperazione, le riconciliazioni e i perdoni di cui è stato testimone. Lo fa non in modo distaccato ma con profonda partecipazione senza infingimenti, senza trincerarsi dietro argomenti consolatori. Ostaseski non teme di mettersi a nudo davanti al lettore, ricordando tante esperienze personali, a volte drammatiche e dolorose. Egli ha, nel suo libro la capacità di affrontare questo tema da una prospettiva, per molti, originale; quella di chi vede nel binomio vita e morte due facce, inseparabili,  della stessa medaglia. E, in quanto inseparabili, come la morte si riverberi nella vita, prepotentemente, potendoci aiutare a vivere in modo consapevole il qui e ora. Se solo siamo in grado di ascoltare, capire e mettere in pratica i suoi insegnamenti, i cinque inviti che la morte ci manda. Questi: non aspettare, accogli tutto, non respingere nulla, porta nell’esperienza tutto te stesso, impara a riposare nel pieno dell’attività, e coltiva la mente che non sa terminando con un epilogo, morire nella vita. Ogni invito è suddiviso in sezioni che esplorano i diversi aspetti dell’invito.

Nel momento della morte, nostra e di chi amiamo, come in tutte le “piccole morti” che la vita ci mette davanti, c’è bisogno di una presa di coscienza e della consapevolezza; consapevolezza che potremo “attraversare il momento” solo se saremo in grado di accettarlo e, in un certo senso, abbracciarlo. Solo in quel momento la sofferenza sarà un elemento di trasformazione, per usare le parole di Ostaseski, ” lo stadio finale della crescita, una situazione che ci offra un’inedita opportunità di trasformazione”.

Tante le storie raccontate con grande delicatezza, profonda partecipazione e rispetto. C’è la storia di Sean, autore dell’efferato omicidio della sorella, ergastolano rilasciato per la condizione di malattia terminale, che gira un video per il figlio che non conosceva dandogli istruzioni sulla gentilezza ed il perdono;   c’è quella di Blaze che, dopo 25 anni rincontra il fratello da cui aveva subito diverse violenze e perdona il male subito in un attimo; e quella di Janet che, per un momento di disattenzione, si sente responsabile della morte del figlio e di come quella morte sia un elemento di trasformazione che la porta ad essere un elemento di riferimento nella sua comunità.

Ci racconta di come il passaggio rappresentato dalla morte sia sempre diverso, personale, non categorizzatile a priori e imprevedibile.

Una menzione particolare va a Claudio Lamparelli che è riuscito, nella sua traduzione, e in modo così preciso, a rendere lo stile e la visione profonda di Ostaseski. Ciò non deve stupire, considerando che egli stesso è un maestro di meditazione, molto vicino alla visione dell’Autore. Lamparelli ha pubblicato diversi libri di meditazione di cui mi piace ricordare Manuale di Meditazione e Tecniche di Meditazione Cristiana

Dall’ultima pagina del libro

Non stare lì mentre i tuoi capelli diventano grigi, ben presto i mari sommergeranno la tua piccola isola.

Così, finché c’è ancora l’illusione del tempo, parti per un’altra riva.

Non ha senso fare le valigie. Non riusciresti a issarle sulla barca.

Dà via tutto ciò che hai raccolto. Tieni solo nuovi semi e un vecchio bastone.

Manda qualche preghiera al vento prima di salpare. Non avere paura

Qualcuno sa che stai arrivando.

Un altro pesce è stato salato.

(Mona Santacroce)

 

 

 

Condividi l’articolo

0
    0
    I tuoi acquisti
    Il tuo carrello è vuoto