Complotti e Cospirazioni: balle spaziali? No, balle psicologiche

Un terzo degli americani è convinto che il riscaldamento globale sia una balla e, ancora, il 29% ed il 13% degli americani crede, rispettivamente, che gli alieni esistano e che Obama sia l’Anticristo. in Italia il 20% degli intervistati pensa che i vaccini non siano sicuri mentre il 17% dubita che questi siano realmente efficaci. Per non parlare delle scie chimiche e dei chip impiantati sotto pelle per controllare, a loro insaputa, le persone. D’altra parte che, per noi italiani, quella delle balle sia una storia che viene da lontano non è una novità: basterebbe pensare alla peste di Milano del 1630 quando si pensava fosse dovuta ad un gruppo di cospiratori, gli untori, che agenti del Diavolo o di figure politiche avrebbero diffuso la peste.

Queste idee partono dal presupposto che fenomeni complessi siano gestiti intenzionalmente da persone e/o organizzazioni onnipotenti. Quest’atteggiamento, insieme ad una visione antiscientifica, sembra portare a due conseguenze apparentemente contrastanti: da una parte presenta dei rischi per la democrazia dato lo svilimento di istituzioni anche sovranazionali. Dall’altra, tale atteggiamento è, viceversa e paradossalmente, un meccanismo di controllo dato che il potere politico e le grandi corporations possano sentirsi sotto controllo. Questo perché, in fondo, è il frutto di episodi che si sono verificati nel passato e che, in un gioco di specchi, hanno permesso alla classe dirigente di diffondere false cospirazioni per coprire scelte economiche e politiche: basterebbe pensare a tante guerre scatenate da fake news e da cospirazioni fasulle. O al Watergate. Non dimentichiamo che, come sostento dal grande pensatore Popper, sia il nazismo sia il comunismo hanno abbondantemente fatto uso di cospirazioni per legittimare la propria nascita.

Perchè alcuni sono così disponibili a credere ai complotti?

Può essere interessante vedere quanto la psicologia ci dice (un altro complotto?…) sul complottismo, e sul perché le persone hanno il bisogno di credere in teorie più o meno strampalate.

Diverse ricerche hanno sondato questi motivi suddividendoli in 3 grandi categorie. Vediamoli.

  • La natura della conoscenza: Per conoscere il mondo in cui viviamo abbiamo bisogno di un quadro di riferimento stabile, accurato e congruente, in cui siano evidenti i rapporti di causa/effetto. Quando, poi, gli avvenimenti sembrano casuali, non esistono possibilità di informarsi o le informazioni che abbiamo sono contrastanti, allora l’abbracciare un’idea che vada a braccetto delle nostre idee sarà quasi obbligato. Questo atteggiamento sarà tanto più invasivo quanto più le cause “del complotto” saranno impermeabili ad una analisi seria, comporteranno l’azione di molti attori e saranno riconducibili al comportamento dei “cospiratori” che useranno la stessa disinformazione per coprire le loro azioni. Quest’ultimo punto è interessante dato che, in questa idea, le persone che si oppongono alla cospirazione sono essi stessi parte della cospirazione. La ricerca psicologica ha evidenziato che il complottismo è maggiore, soprattutto, quando fenomeni su larga scala (vedi il problemi degli immigrati) non sembrano avere spiegazioni “ufficiali” soddisfacenti, determinano situazioni di disagio sociale o psicologico o determinano incertezza. Altri elementi sono il basso livello di educazione e la tendenza a sovrastimare la relazione con avvenimenti concomitanti. Un ultimo aspetto da sottolineare è quello
  • Motivi esistenziali: Il già citato quadro congruente di riferimento di cui abbiamo parlato prima è essenziale per potersi sentire sicuri nel proprio ambiente ed esercitare un controllo sull’ambiente stesso sia come soggetti sia come gruppi. In questa logica, se vengono a mancare queste possibilità, se ci si sentirà minacciati l’abbracciare la teoria di un complotto potrà dare l’illusione di essere in controllo dato che c’è la possibilità di rifiutare quanto viene detto da fonti ufficiali (vedi il caso dei vaccini). Che queste ipotesi siano vere è confermato dal fatto che le teorie complottistiche sono più frequenti nei soggetti ansiosi o che pensano che la loro azione sia priva di efficacia. La cosa paradossale è che frequentemente l’aderire in modo acritico a teorie cospirazioniste si associa a ridotto impegno come l’aderire a un partito politico o alla tendenza al non voto. Proprio quelle azioni che potrebbero modificare lo status quo.
  • Motivi sociali: Il desiderio di mantenere una buona immagine di sé o la reputazione del proprio gruppo che professa idee complottiste sembra avere un posto di rilievo in tali atteggiamento. In quest’ottica è evidente come questo atteggiamento si associ alla necessità di svalutare che professa idee contrarie, visti come falsi e immorali. Non solo ma i simpatizzanti di partiti o movimenti minoritari sono più soggetti a credere a cospirazioni per giustificare le loro sconfitta politica (v. quanto successo in USA per le ultime elezioni). La svalutazione dei propri avversari, di chi la pensa diversamente, e l’accettazione acritica di teorie cospirazioniste determina, dicono diverse ricerche, una erosione del capitale umano e del valore di una società. A ciò si aggiunga, come accennato prima, che frequentemente i complotti sono utilizzati dalla politica per la ricerca e la costruzione del consenso: cosa meglio di un complotto per “rinserrare” le fila di partiti e movimenti?. Non a caso, infatti, le teorie del complotto sono un cavallo di battaglia di movimenti populisti che le utilizzano per creare consenso politico. Basterebbe pensare al complotto che sarebbe in atto per far affluire migliaia di migranti in Europa da parte di non meglio precisati “poteri forti” per poter ridurre il potere contrattuale della classe operaia interna. Un ultimo aspetto da sottolineare è la forza dei social quali casse di risonanza di queste teorie. E’ nota, infatti, la presenza di algoritmi che permettono ai vari Facebook, Google, etc di “propinarci” le informazioni in accordo con le nostre preferenze sociali, politiche o ai nostri gusti. In base a questo algoritmo ci troveremo sempre più in quella che è stata definita “bolla percettiva del narcisista del 21° secolo”: si pensa di vivere in un mondo in tutti sono d’accordo con le nostre idee. Nessun dibattito, nessuno scambio di idee basato sul confronto serio, legato ai fatti: solo supposizioni e ovviamente solo …  balle spaziali

 

 

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