Facciamo un altro esempio: un depresso o un ansioso incontrano una persona conosciuta che non la saluta. Subito scatta il rimugginio: il depresso: “ecco, vedi che ho ragione a pensare che nessuno mi considera? ”o l’ansioso“ Cosa gli ho fatto? Perché non mi saluta? Forse qualcuno gli ha detto cosa penso di lui e adesso lo andrà a dire al mio capoufficio che non mi darà la promozione che aspettavo!” Nessuno dei due considera l’ipotesi che forse chi non ha salutato era solo distratto. Questo effetto riverbera anche in altri ambiti come la defusione dai pensieri (vedi al punto successivo).
Disidentificazione /Defusione dai pensieri: Con questi termini intendiamo l’effetto della mindfulness su un fenomeno piuttosto comune anche nelle persone che non presentano alcun disturbo psicologico o da stress. Nella vita di tutti i giorni noi abbiamo un legame molto forte con i nostri pensieri, li “amiamo” molto e tendiamo ad identificarci con essi senza considerare che sono un prodotto della mente che a volte possono rappresentare proprio la causa del nostro malessere. E il caso della cosiddetta “profezia autoavverantesi”. Facciamo un esempio per chiarire. Immaginiamo di avere una persona che non si stima, che pensa di non essere amabile, nel senso che non può essere amata da nessuno. Una tale persona “ama” tanto questo pensiero che tenderà a mettere in atto tutti i comportamenti capaci di confermare tale assunto: sarà scortese (per paura di un eventuale rifiuto), rifiuterà un invito (per paura dell’insuccesso), etc. Il risultato finale sarà che questa persona sarà valutata come non amabile e di conseguenza la “profezia” troverà conferma. La M agisce proprio mettendo un certo distacco con le proprie idee considerando “questi pensieri non sono me”.
Miglior bilanciamento emotivo: La M., proprio attraverso una riduzione dell’attività dell’Amigdala porterà ad un maggior equilibrio tra attivazione e riduzione della risposta comportamentale messa in atto nel caso di emozioni disturbanti (paura, rabbia, etc) di cui possiamo essere ostaggi.
Maggiore accettazione: Uno degli effetti, confermati a livello scientifico, è la maggior accettazione di se stessi e quella che è stata definita autocompassione. In sostanza la M. determina una “pacificazione” non solo con le precedenti esperienze di vita negative permettendo una loro accettazione, ma anche con gli altri. Il vivere il momento presente ci “sgancia” dal passato, mettendo una distanza con avvenimenti passati ed evitando che questi ci determinino la sofferenza psicologica ad essi legati. Non si tratta di mettere in atto quello che in termini psicologici si chiama negazione: “non mi interessa” oppure “faccio finta che non sia successo”. Al contrario, nelle pratiche di consapevolezza, le esperienze negative, i traumi riaffiorano alla coscienza e vengono profondamente visti e “sanati”.
Maggior capacità d’identificazione dello stato del proprio corpo: La M. stimola l’azione dell’Insula e la capacità di osservazione del corpo, permettendo una sua verifica. Sarà più facile allora accorgerci di uno stato di tensione muscolare, eventuali altri effetti dello stress (accelerazione della frequenza cardiaca, etc.). Permetterà, infine, un monitoraggio del mio stato emotivo, del mio stato generale, le mie “condizioni meteo” dandoci la possibilità di accertare quali sono le situazioni che più sono in grado di provocarci effetti somatici.
Migliore percezione del contesto generale: La M permette una visione più ampia della realtà: è come se riuscissimo a tenere in considerazione anche aspetti che prima ci sfuggivano. Questa migliore e più chiara visione ci da gli strumenti per recupere risorse per affrontare i vari aspetti della vita in modo più efficace. Riusciamo a mettere in campo nuove e più creative strategie di soluzione dei problemi, tenendo anche in conto i vari aspetti emotivi.
Nuove alternative comportamentali: strettamente conseguenti al punto precedente sono gli aspetti relativi ad un bilanciamento tra modalità del fare e dell’essere di cui abbiamo già parlato in altra sede. Possiamo riuscire, inoltre, a mettere in atto comportamenti che non sono più il risultato rigido di vecchi atteggiamenti ormai disfunzionali, quanto nuove opzioni di comportamento più aderenti alle nuove situazioni. Possiamo così imparare, ad esempio, a rispondere e non a reagire alle situazioni stressanti; riuscendo a uscire da una reattività capace, di per se stessa, di rappresentare uno stressor.
Più rapido ritorno ad una fase di riposo dopo lo stress: Come abbiamo visto è fondamentale, al pari della gazzella, ritornare ad una condizione di riposo. È in questa fase che il nostro corpo recupera le energie consumate nell’affrontare lo stressor, tutti i sistemi tornano in stand-by con una notevole discesa di tutti gli indici di attivazione dovuti allo stress.
Maggiore percezione di controllo interno: L’insieme di questi vari aspetti che siamo venuti tratteggiando sarà in grado di determinare un maggiore controllo interno e comportamentale. E’ in fondo la capacità che gli anglosassoni chiamano “mastery”: quella di padroneggiare le situazioni, a volte dolorose, cui la vita ci sottopone senza esserne ostaggi.
Kabat-Zinn, non a caso, ha definito la vita come “ L’enormità dell’esperienza con tutti i dolori, i lutti, le grandi crisi e la somma di tutte le cose, piccole e grandi, capaci di contrariarci. ….Il vivere momento per momento ci permette una completa appropriazione di ogni istante della nostra vita, buono o cattivo, bello o brutto, felice o infelice che sia. Questa è l’essenza del vivere consapevolmente“.
Dunque, se non possiamo fermare le onde del mare della vita, che a volte possono essere paurose, forse conviene imparare… il surf