
Caro nonno ti scrivo per commentare l’eredità che ci hai lasciato e alcune considerazioni generali.
Partiamo da queste ultime perché mi permettono di commentare alla fine quanto ci hai lasciato in eredità.
Rispetto ai tuoi tempi le cose, in fondo, non sono molto cambiate anche se forse avresti qualche problema ad orientarti. Mi ricordo quando mi raccontavi della paura che provavi quando sentivi rumori sospetti fuori dalla caverna che ti facevano pensare a qualche animale feroce. Certo non viviamo più nelle caverne con la paura che qualche tribù ostile ce la possa occupare tuttavia abbiamo dotato le nostre “caverne” con sofisticati sistemi di allarme proprio per evitare indebite intromissioni. Noi però abbiamo anche altre paure più “sofisticate”: quella legate alla situazione economica e alla disoccupazione, quella di “cosa farà nostro figlio? Troverà lavoro?”, quella ” se una cosa può andare male, certamente lo farà”, etc. Tutto questo lavorio mentale con una adesione totale a quanto la nostra mente ci propone in un continuo viaggio dal passato con i suoi rimpianti al futuro con le sue preoccupazione che intravediamo solo a livello mentale.
Anche ai tuoi tempi c’erano tante paure ma oggi forse stiamo esagerando!
Anche noi siamo tristi quando ci accorgiamo che le nostre aspettative vengono frustrate come è successo a te nell’anno in cui per la siccità non riuscivi a cacciare e il raccolto fu molto scarso. Oppure da come ti sentivi mentre si procedeva alla sepoltura di uno dei tuoi figli. Solo che al giorno d’oggi la nostra tristezza è molto più variegata: dalla sconfitta del derby cittadino di calcio alla perdita di una relazione significativa, da una mancata promozione alla vista di un bambino malato. Le tue tristezze, se così posso dire, erano però inserite in un panorama con maggiori certezze mentre noi a volte navighiamo a vista!
E vogliamo parlare della rabbia? Ricordo benissimo la tua arrabbiatura quando la nonna fece spegnere il fuoco che doveva restare sempre acceso e tu ci hai mesi molto tempo a farlo riaccendere o quella volta non sei stato scelto come capo tribù. E noi? Ah sapessi quanto ci arrabbiamo! A volte per non averci dato la precedenza a un incrocio, a volte perché il nostro ruolo sociale non è quello che ci aspettiamo, spesso poi perché le cose non vanno come vorremmo. Ancora più spesso per cose che, a ben pensarci, sono di scarsa importanza.
La cosa interessante è che di fronte a un ambiente pieno di minacce, di rischi e di difficoltà il tuo cervello si è specializzato nella identificazione e risposta a condizioni potenzialmente mortali per te o per i tuoi. Che fossero orsi delle caverne o iene della prateria, l’attacco di tribù nemiche o la scarsità di cibo la tua vita era continuamente minacciata e allora era utile un cervello attento alle minacce. Oggi però è molto difficile che una iena ci attacchi o che ci ritroviamo con un orso dentro casa; dunque iper valutiamo le minacce, che sono certamente non mortali, comportandoci come se lo fossero; inoltre, ed è la cosa interessante, agiamo continuamente come se le nostre paure avessero un fondamento quando sono solo previsioni spesso inattendibili.
Possiamo dire che fatto 100 quanto ci preoccupa, 30 è quello che può succedere e 10 quanto realmente poi accade.
Forse in quel 4% di geni che dicono (qui) abbiamo in comune ci hai lasciato un cervello non interessato alla nostra felicità e al nostro benessere ma alla ricerca, prevenzione e risposta delle minacce. Il che è un bene e nello stesso tempo un male: è un bene perché non siamo responsabili delle tante manifestazioni di disagio che abbiamo ma perché è tipo di cervello che ci hai tramandato; un male perché ci tocca fare una gran fatica per cambiare il suo modello di funzionamento verso una valutazione meno “drammatica” di quanto ci disturba o ci preoccupa. Dobbiamo continuamente allenare il nostro cervello a non dare sempre ragione a quello che lui stesso ci dice. Come dice un comico “ho sempre pensato che la parte più importante di me fosse il cervello con le sue valutazioni, fintanto che ho capito chi è che mi ha convinto di questo”
Dunque, grazie per averci tramandato un cervello che reagisce, facendoci fare un salto indietro, quando distrattamente attraversiamo la strada e ci raggiunge il suono di un clacson di un’auto che sta per investirci… forse però ce lo hai trasmesso un po’ troppo efficiente.