Una ragazza alla festa, Nanni Moretti e la profezia autoavverantesi

Il re che si crede un pedone

Nell’ultimo post ho accennato alle profezie autoavverantesi. Vediamo di spiegarlo con una storiella che forse ci riguarda, anche se non tutti allo stesso modo. Maria, una ragazza normale né bella né brutta, ma incredibilmente  insicura e convinta di non piacere a nessuno, viene inviata ad una festa. Prima di dare una risposta viene assalita dai dubbi “Che ci vado a fare? Tanto non mi si filerà nessuno!” ” Se anche qualcuno mi rivolgerà la parola sarà solo per pietà!”. Alla fine, nonostante i dubbi, decide di accettare l’invito e comincia a prepararsi; e già dai preparativi si capisce quale è il  suo atteggiamento: la resa totale. Arrivata alla festa, dopo essersi aggirata spaesata, sperando di incrociare lo sguardo di qualche faccia conosciuta, riesce a guadagnare una sedia libera e lì rimane, annoiata, maledicendosi per aver accettato quell’invito. Forse si sta domandando con Nanni Moretti ” Mi si sarebbe notato di più se non venivo?”. Ad un certo punto  un ragazzo le si avvicina, incuriosito da quella ragazza silenziosa con un leggero broncio sulla faccia. Al suo tentativo di parlarle, Maria risponde in modo brusco e al limite della maleducazione. Vedendo la reazione della ragazza, il giovanotto si sgancia, fingendo di salutare qualcuno in lontananza e pensando “Ma chi si crede di essere”.  Maria, dunque, si era comportata in modo perfetto perché la sua paura di non essere accettata fosse confermata dagli altri. Usando una metafora, se Maria si vede come Cenerentola, farà in modo  che tutti la vedano come tale.

Potremmo raccontare tante storie di profezie autoavverantesi, e forse ognuno di noi ne ha qualcuna. Si potrebbe citare il primo giorno di lavoro di una persona sospettosa che pensa che tutto il mondo ce l’abbia con lui. Si comporterà in modo scostante, determinato negli altri proprio quella reazione che si aspettava. Oppure la persona, convinta che la propria relazione affettiva sia arrivata al capolinea, che si comporterà in modo aggressivo determinando proprio la fine della relazione. Spesso è lo scherzo che la nostra mente ci gioca, nel suo bisogno assoluto di comodità e di “risparmio energetico”; abbiamo il bisogno di adattare la realtà alle nostre aspettative e ci adoperiamo perché le nostre aspettative vengano confermate anche se questo ci può far star male e renderci infelici. E’ il paradosso che vive chi ha una aspettativa negativa della vita e dei rapporti interpersonali: determino e causo il fallimento anche se questo mi da sofferenza. Non solo, ma tenderò a reiterare lo stesso comportamento nel tempo.

Le prime formulazioni e le prime ipotesi sulla profezia autoavverantesi sono state fatte da Merton negli anni ’50 e successivamente da Rosenthal, cosiddetto effetto Pigmalione, nell’ambito delle scienze sociali in particolare nell’educazione e sono state più volte confermate da studi successivi anche in ambito economico. Ad esempio, se un gruppo abbastanza grande di persone viene indotto a credere che un titolo di borsa non valga nulla allora si realizzerà la vendita massiccia proprio di quel titolo con relativo e notevole deprezzamento che porterà un numero ancor più grande di persone a vendere, innescando un meccanismo che porta alla conferma che il titolo non vale nulla: quello che viene chiamato “panic selling”,  vendita per paura.

C’è un esperimento, in ambito educativo,  particolarmente interessante.  In una classe americana venne svolto un test per valutare l’intelligenza degli studenti. I test vennero falsificati in modo da dare un punteggio molto alto a studenti che presentavano un rendimento scolastico basso. Ai docenti, dunque, vennero comunicati dati falsificati. A distanza di 3 e 6 mesi gli studenti, classificati falsamente come molto intelligenti, furono quelli che presentarono i miglioramenti più significativi in termini di rendimento . Gli insegnanti, tratti in inganno dal test, avevo fatto in modo che proprio quegli studenti ritenuti falsamente più intelligenti presentassero i maggiori miglioramenti.

La scoperta  è che le nostre credenze, seppur false, proprio per il fatto di essere ritenute vere, ci portano a mettere in atto comportamenti che, alla fine, realizzeranno proprio quelle stesse false credenze e aspettative .

Spesso un comportamento rigido e stereotipato è alla base di questo fenomeno.Come abbiamo visto, è proprio questa rigidità a determinare i nostri comportamenti.

Viceversa la capacità, o il concederci la semplice possibilità, di sottoporre a verifica le nostre credenze può permetterci di scoprire nuove modalità di affrontare la realtà in modo più sano. Questo presuppone la necessità di una autoanalisi che porti al controllo e alla verifica proprio di quelle credenze che stanno alla base del nostro comportamento. Forse, per tornare al racconto di Maria, se alla ragazza fosse venuto il dubbio che il proprio atteggiamento, “che ci vado a fare, tanto non mi si fila nessuno”,  fosse legato all’idea di di non essere una persona degna di considerazione, di stima e di attenzione  avrebbe potuto cambiare il proprio comportamento; e di conseguenza anche lo svolgersi della serata.

Una mente aperta alla  verifica continua, capace di interrogarsi e di sottoporre a critica i nostri abituali schemi di ragionamento, è spesso il risultato di un lavoro approfondito fatsulla nostra mente e sul suo abituale comportamento. In fondo si tratta di renderci conto del colore degli occhiali attraverso cui osserviamo la realtà, e provare a cambiarli. Provare a domandarsi come cambia il mondo se cambio il colore delle lenti della precedente metafora. Vuol dire, soprattutto, verificare se il nostro punto di vista è l’unico che abbiamo a disposizione, soprattutto se è vero e se possiamo immaginare altri presupposti da cui partire. Operazione non sempre facile che richiede la consapevolezza di noi stessi e del nostro modo di ragionare. Consapevolezza che può essere raggiunta all’interno di una psicoterapia o di altre pratiche come la Mindfulness che ci danno la possibilità di gettare uno sguardo nel profondo della nostra mente.

La prossima volta che cominciamo a pensare che le cose andranno, “obbligatoriamente”,  in una certa maniera proviamo a immaginare un futuro diverso. Cominciamo a pensare di avere delle abilità comunicative, affettive, relazionali etc che forse non abbiamo ancora cominciato a considerare: in fondo se pensiamo di essere il problema, forse abbiamo dimenticato di essere anche la soluzione.

A conclusione una citazione di D. Waitley:  La vita è una profezia che si autoavvera. Puoi non ottenere ciò che desideri, ma alla fine certamente otterrai quello che ti aspetti .

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